Il castagno è una lunga storia

I castagni rappresentano sulle nostre colline l’essenza principale di cui sono costituiti boschi, visto che le prime piantumazioni iniziano già con i romani.

E’ però dalla fine del dodicesimo secolo che diventa coltivazione intensiva.

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A seguito all’epidemia di peste (1347-1353) che portò alla morte migliaia di persone (circa 1/3 della popolazione europea) diventò importantissima la risorsa castanicola, che permetteva di avere raccolto con basse esigenze di cure colturali a differenza di quello che avveniva nei campi. E’ da quel momento che il castagno assume una grande importanza anche a livello alimentare meritandosi l’appellativo di “Albero del pane”.

Questa dieta, basata sull’uso del prodotto castagna, soprattutto conservato tramite essiccazione che ne permetteva un uso più lungo nel corso dell’anno, rimane diffusa nelle popolazioni collinare e montane fino agli anni ’50 del secolo scorso.

Dagli anni sessanta, con il cambiamento economico, la diffusa industrializzazione di tutto il paese e le sopraggiunte nuove fitopatie (cancro e mal dell’inchiostro), il castagno perde la sua rilevanza come risorsa di sussistenza; inoltre si assiste ad un progressivo spopolamento delle zone collinari e il conseguente abbandono della coltivazione della quasi totalità dei castagneti

I castagneti dei nostri territori raccontano questa storia, per questo circa il 95% dei castagni è rappresentato da varietà come la rossolina e la carpinese che sono adatte sia all’essiccazione che all’alimentazione animale. I marroneti sono rari e meno diffusi visto che, solo dopo il 1920, si diffonde l’abitudine ad innestare questa specie.
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E’ in questo quadro che si trova ad operare la nostra associazione cercando di recuperare una coltivazione ormai abbandonata da anni ma che potrebbe rappresentare nel nostro territorio un’importante fonte economica.

Al fine di dare impulso a questa coltivazione abbiamo recuperato l’uso di due seccatoi tradizionali a legna dove i nostri soci possono portare le castagne fresche e avere, dopo 40 giorni di essiccazione a fuoco morto, il prodotto secco per poter fare la farina, prodotto molto ricercato sul territorio nazionale. Inoltre stiamo testando nuovi metodi di essiccazione attraverso l’uso della risorsa geotermica diffusa in alcuni dei territori dell’associazione.

Ovviamente la strada che stiamo percorrendo è ancora molto lunga e ci troviamo ad affrontare molti ostacoli. La diffusione del patogeno Cinipide galligeno e la conseguente micosi della castagna mina la quantità di prodotto disponibile, sia al momento della raccolta che al momento della cernita delle castagne secche da macinare, con uno scarto del prodotto secco che si attesta intorno al 50%. I mancati guadagni, i lunghi tempi e l’elevato costo per il recupero dei boschi sono alcune delle difficoltà. La stragrande maggioranza dei castagneti sono inoltre di piccoli proprietari, che non riescono ad aver accesso ai finanziamenti europei perché non iscritti professionalmente come iap o coltivatori diretti.

Nonostante le pressioni delle associazioni castanicole, la regione toscana non ha adottato le misure per allargare il bacino di chi potesse avere accesso ai fondi e questo certo non aiuterà un recupero effettivo di ettari coltivati.

Nonostante queste difficoltà, le cifre della nostra associazione crescono grazie ad anni di lavoro su tutto il territorio.

Quest’anno abbiamo essiccato circa 90 quintali di castagne nei due seccatoi tradizionali, abbiamo alcune attività commerciali che hanno fatto del prodotto castagna uno dei punti di forza nello sviluppo della loro attività e abbiamo un potenziale mercato di farina di castagne molto ampio che al momento non riusciamo a soddisfare.